La porcellana di Capodimonte

Capodimonte

E' grazie alle manie di grandezza di un re che è stato scritto uno dei capitoli più gloriosi della storia della porcellana italiana

Quando nel 1738 Carlo III di Borbone, re di Napoli, sposò Maria Amalia di Sassonia, pronipote di quel Duca Agusto fondatore della Manifattura di Meissen, non erano ancora molte le corti europee che potevano vantare la presenza di una fabbrica di porcellana nei loro possedimenti: ce n'era una in Francia, un'altra a Vienna, due in Italia (a Venezia e a Doccia) ma buona parte degli oggetti in porcellana era ancora d'importazione cinese.
Ammirato di fronte al raffinato vasellame portato in dote dalla moglie e probabilmente ansioso di guadagnare maggior prestigio personale affrancandosi dall'influenza della dispotica madre, il giovane Carlo decise di fondare nella sua capitale una fabbrica di porcellana.

Certo l'impresa non fu delle più facili, soprattutto per la difficoltà a reperire la materia prima, il caolino, del quale le regioni italiane non erano fornite (la Manifattura di Doccia, nel Granducato di Toscana, lo importava dall'estero).

Si dice che Carlo mobilitasse tutti gli alchimisti del regno affinchè trovassero un'alternativa! Alla fine fu l'argilla proveniente da giacimenti calabresi, ricca di feldspati, quella che si rivelò la più adatta ad ottenere un impasto tenero, facile da modellare e di colore candido e luminoso dopo la cottura.

Era il 1743: prendeva il via la Real Fabbrica di Porcellana Capodimonte ed aveva inizio la leggenda.

© Rossana Radaelli-02.08.05